Il custode del cimitero
Ho sempre amato andare per cimiteri, i miei preferiti sono quelli di paese, più piccoli e raccolti rispetto agli enormi cimiteri delle grandi città. Mi piace passeggiare per i loro viali, guardare le tombe e immaginarmi la vita che hanno condotto i loro ospiti, soprattutto amo addentrarmi nelle parti più vecchie e abbandonate, dove le tombe sono ormai decadenti e rovinate e di cui spesso rimangono solo dei tumuli nel terreno sormontati da una croce o da una vecchia statua ormai irriconoscibile. Avete presente quelle vecchie tombe che il tempo ha ormai eroso rendendole indistinguibili le une dalle altre? Tombe dimenticate da tutti e che nessuno viene più a visitare, anche perché probabilmente gli ultimi parenti dei defunti sono morti da tempo? Eppure a volte nei vecchi vasi arrugginiti si vedono ancora dei fiori freschi, ebbene spesso quei fiori li ho portati io, mi piace portare un pensiero per quei morti, come a dire che qua fra i vivi c’è ancora qualcuno che pensa a loro, anche se non li ha mai conosciuti.
È stato in uno di quei miei giri la sera del 31 ottobre che,
in un minuscolo cimitero di uno sperduto paese di montagna, ho conosciuto lui,
il vecchio custode. Nonostante fosse in pensione da anni, ancora si
occupava di quella parte del cimitero ormai abbandonata perché, così mi disse, “I
morti sono felici che qualcuno si occupi ancora di loro”.
Mi ricordo che quando entrai nella parte vecchia di quel
cimitero mi stupii di quanto fosse ben tenuta e pulita, nonostante si vedesse
che le tombe erano antiche e corrose dal tempo e dalle intemperie erano ben
curate, il prato era privo di erbacce e su tutte le tombe c’era un mazzo di
fiori fresco. Fu lui a venirmi incontro, era un vecchio dall’età indefinibile,
il volto era coperto di rughe e sembrava uscito da un libro di storia, una di
quelle facce che si vedevano nelle foto dei primi del ‘900. Si muoveva
lentamente con l’aiuto di un bastone, ma era vestito elegantemente, “Bisogna
sempre portare rispetto quando si entra nella casa dei morti” mi disse
successivamente, con un completo nero su una camicia bianco perla. Si avvicinò
a me e sorrise, un sorriso sdentato, ma caldo e avvolgente.
“Si vede che lei conosce i cimiteri e li rispetta, i morti
sono felici che lei è qua, aspettavano il suo arrivo sa? I morti degli altri
cimiteri che ha già visitato li hanno avvisati della sua visita, forse lei non
lo sa, ma è conosciuto ed apprezzato per quello che fa”
“Mi scusi? Non capisco”
“Certo, certo che non capisce, non si preoccupi. A me fa
piacere incontrare qualcuno che ama e rispetta questi luoghi, ce ne sono pochi
come noi, sa? Ormai i nuovi custodi considerano questo un mestiere come gli
altri, non portano il giusto amore in questo lavoro e non sanno ascoltare più i
morti, ma tanto ormai nei nuovi cimiteri i morti non parlano più”
Lo guardai stupito, non sapevo cosa rispondere, la sua voce
era calma e il suo sguardo limpido e intelligente, anche se quello che diceva
era assurdo il vecchio sembrava nel pieno delle sue facoltà mentali e mi
trasmetteva un senso di simpatia.
“Non si preoccupi, sono io che parlo troppo e dico cose che
dovrei tenere per me, ma lei è un bravo giovanotto a occuparsi dei cimiteri
abbandonati e dei suoi abitanti”
“Ma come fa a sapere che…”
“Glielo ho detto, i morti mi hanno detto di lei e del suo
arrivo. No, non mi guardi così, non sono pazzo, ma questo so che lo ha già
capito, in questi vecchi cimiteri, là dove i vecchi percorsi sacri esistono
ancora, i morti parlano e sanno tante cose. Ma sto ancora parlando
troppo, senta è tardi, sta venendo freddo e fra poco arriverà il buio e non è
il caso di rimanere fuori questa notte, vuole seguirmi nella mia casa? Le
offro qualcosa di caldo”
In effetti il sole stava calando è l’aria era diventata
fredda, non so perché ma quel vecchio mi dava un senso di fiducia e decisi di
seguirlo, fu così che strinsi amicizia con lui e ancora adesso, che sono
passati anni da quell’incontro, vado a trovarlo per ascoltare le sue storie.
La sua abitazione sorgeva attaccata al cimitero, “Così sono vicino nel caso avessero bisogno”, era una casa piccola,
ma accogliente. Nel soggiorno, che fungeva anche da cucina, c'era un camino
dove scoppiettava allegro un fuoco, nel centro della stanza c’era un vecchio
tavolo di legno coperta da una tovaglia bianca, sopra di essa un centrotavola
di pizzo, di quelli antichi, e un candelabro. Una libreria colma di libri
polverosi occupava un’intera parete, al suo fianco si ergeva una pendola
di quelle che si vedono nei negozi di antiquariato.
Il vecchio mi sorrise calorosamente.
“Si segga prego, io mi scaldo una zuppa va bene anche per
lei?”
Annuì, non so come mai ma mi sentivo perfettamente a mio
agio con lui, cosa inusuale per un solitario come me. Il vecchio si avvicinò a
una vecchia cucina di ghisa, ravvivò il fuoco e mise una pentola in rame sui
fornelli, dopo poco un profumo delizioso avvolse la stanza. Prese due scodelle e le riempì di quella zuppa fumante, le portò in tavola insieme a due cucchiai,
due bicchieri e una bottiglia di vino rosso, lo stappò e versò due generosi
dose, poi mi guardò sorridente e sollevò il bicchiere.
“Un brindisi ai morti e a chi si cura di loro”
Mi unii al brindisi. Il vecchio mi guardò sorridente.
“Se vuole le posso raccontare le storie dei morti, sa la mia
famiglia fa questo mestiere da generazioni anche se si chiuderà con me, i miei
figli sono andati a studiare in città e non hanno intenzione di proseguire il
lavoro di famiglia, chissà cosa fanno ora sono anni che non vengono più a
trovarmi. Non voglio che le storie che ci siamo passati di generazione in
generazione e quelle che ho ascoltato io finiscano qua, lei è la persona adatta
per ascoltarle e tramandarle. È importante lo sa? Una volta i morti parlavano
spesso e raccontavano ai vivi le loro storie per aiutarli e ammonirli, a volte
anche per schernirli o spaventarli, ma col passare del tempo però i luoghi
sacri sono stati distrutti e i morti hanno iniziato a
parlare sempre di meno e solo in particolari occasioni, come questa notte, ma
poi anche i cimiteri sono cambiati ormai sono moderni, senza cuore e senza
spirito e lì i morti non parlano più, solo nei vecchi cimiteri come questo e i
morti parlano ancora chi li sa ascoltare.”
Lo ascoltavo affascinato, anche se quello che diceva non
aveva senso il vecchio ci credeva e in qualche modo strano iniziavo a credere
anche io che i morti gli parlassero e dopo quella notte capii che lo
facevano davvero.
“Certo”, gli dissi “mi farebbe molto piacere ascoltare le
sue storie”
Il vecchio mi sorrise.
“Sono contento Davide, io mi chiamo Oddino ma può chiamarmi
Dino”
Lo guardai stupito, non mi ero ancora presentato.
“Ma come fa a sapere il mio nome?”
“Glielo ho già detto, i morti mi hanno parlato di lei. Ora
non si preoccupi si segga pure là e inizi ad ascoltare”
Mi indicò una vecchia sedia a dondolo con una coperta sopra,
mi sedetti lui riempì ancora i bicchieri di vino, accese le candele e iniziò a
raccontare.
Non mi accorsi del tempo che passava, affascinato dai suoi
racconti, quando la pendola batté la mezzanotte trasalii, come svegliato da un
sogno. Il vecchio, che aveva appena finito di raccontare il suo ultimo
racconto, si alzò e prese il candelabro con le candele ormai consunte.
“Presto è ora di andare a dormire, questa ora, in questa notte, non è più per i vivi”
Lo guardai stupito, il vecchio mi sorrise.
“Non si preoccupi non la sto mandando via, non sarebbe
sicuro a quest’ora, anche per persone che sono amate dai morti, questa notte
girano cose che è meglio non incontrare, dovrebbe saperlo dopo tutte le storie
che le ho raccontato, venga la accompagno in camera da letto”
Provai a protestare, dicendo che non potevo certo occupare
il suo letto e che avrei dormito sulla sedia a dondolo. Lui scosse la testa.
“Assolutamente no, lei è mio ospite e deve dormire su un
letto, non si preoccupi per me, alla mia età ormai non dormo più e praticamente
quel letto non lo uso, starò io sulla sedia a dondolo, come faccio sempre”
Provai a protestare ancora, ma non ci fu niente da fare, mi
accompagnò in camera, dove mi aspettava un letto fatto dove sembrava che
nessuno ci avesse dormito da un pezzo. Appoggiò il candelabro sul comodino di
fianco al letto e mi augurò la buonanotte, quindi uscì dalla stanza e chiuse la
porta.
Mi spogliai, mi misi a letto e spensi il candelabro. Pensai
alle storie che mi aveva raccontato, storie incredibili e spaventose, storie
fantastiche e anche se la mia parte razionale rifiutava d crederci una parte di
me era sicura che fossero vere, e se erano davvero vere c’era da avere i brividi,
eppure mi sentivo al mio sicuro lì.
Al mattino la luce filtrò dalle veneziane svegliandomi di buon’ora. Mi alzai, mi sciacquai la faccia al lavabo posto in un angolo della stanza, mi vestii e uscii nel soggiorno per salutare il mio ospite.
Di lui non
c’era traccia.
Nel camino rimanevano le ultime braci della sera prima,
sulla stufa di ghisa era ancora posta la pentola con quello che rimaneva della
zuppa e sul tavolo si trovava la bottiglia di vino vuota, solo che c’era solo un
piatto e solo un bicchiere.
Uscii dalla casa e mi aggirai nel vecchio cimitero
cercandolo, ma di lui non c’era traccia. Mi spostai nella parte nuova del
cimitero, che rispetto all’altra sembrava finta e asettica, trovai l’ufficio
del custode ed entrai. Lì, dietro una scrivania in formica, c’era un giovane
che indossava malamente un completo sdrucito. Mi guardò perplesso vista l’ora.
“Che ci fa qui a quest’ora? Il cimitero è ancora chiuso”
“Lo so, ero con il vecchio custode Oddino, mi ha ospitato a
casa sua, lo stavo cercando”
Il giovane mi guardò ancora più perplesso.
“Ma che sta dicendo, quella casa è
chiusa da anni da quando quel vecchio pazzo è morto”
Impallidii.
“Ma come morto? Io ho parlato con lui tutta la notte”
Il giovane si alzò sbuffando e con tono scocciato replicò
“Senti, non so cosa tu abbia combinato questa notte, adesso
faccio un giro e se vedo dei danni chiamo i carabinieri. Questa notte del cazzo
escono tutti i pazzi”
“No, no, non ho fatto niente glielo assicuro, ma Dino è
davvero morto? È sepolto qua?”
“Certo che è sepolto qua” sghignazzò volgarmente “ha sempre
vissuto qua da vivo e adesso ci rimane anche da morto”
Mi trattenni per evitare di urlargli contro o di colpirlo,
rispetto alla figura elegante del vecchio custode questo era volgare e
ignorante.
“Va bene, senta mi può portare alla sua tomba?”
“E che sono, una guida turistica? Vabbè visto che mi tocca
andare a vedere se è tutto a posto prima che arrivi tutta la gente per il primo
novembre puoi venire con me, così se hai fatto qualche cazzata ti porto dritto
dai carabinieri”
Lo seguii nel suo giro, che fece in modo sbrigativo ben poco
accurato, mi tornarono in mente le parole di Dino su quanto ormai chi faceva
quel lavoro non lo amava più. Alla fine del giro mi portò nella parte vecchia
del cimitero e mi indicò una tomba in un angolo.
Mi avvicinai, mentre il giovane si incamminò pigramente verso il suo ufficio.
Era una
tomba vecchia e rovinata dalle intemperie, l’unica che non aveva fiori, c’era
una vecchia foto sbiadita dal tempo e irriconoscibile, ma notai sulla lapide il
nome di Oddino, era morto nel 1912.
Andai a prendere dei fiori e li posai sulla tomba dandogli un
ultimo saluto e pensando se non mi fossi sognato tutto, fu allora che senti una
voce lontana che parlava nella mia testa.
“Grazie di essere passato giovanotto e di avere ascoltato i
miei racconti, ho ancora molte storie da raccontare se vuole tornare a trovarmi”
Da allora sono passato spesso a trovarlo e tutte le notte
del 31 ottobre lo incontro al cimitero e andiamo insieme nella sua casa dove mi
racconta le storie dei morti.
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