Il castello sul picco - prima parte
“Avete preso la mia casa con la forza e ora sarete costretti a dimorarvi per l’eternità.”. Dopo queste parole lasciò il castello e nessuno la vide più. A.D. 1456
Le luci dell’auto illuminarono il vuoto, Simone bestemmiò pesantemente e rallentò per affrontare il ripido tornante. Il castello si ergeva sul picco del monte, dal paese sottostante si vedeva la torre che spuntava dalle ampie mura che seguivano la forma irregolare del terreno. Costruito nell’XI secolo dominava la valle sottostante, a metà del 1400 il castello fu ristrutturato e fortificato e divenne la roccaforte usata dalla contessa di Challant prima che venisse sconfitta nella lotta per la successione. Della costruzione originaria erano rimaste le mura, il mastio e una cappella.
La strada per raggiungerlo partiva dal paese di Arcesaz, nei pressi di Brusson, era stretta e piena di tornanti che davano sul vuoto e nel buio della notte sembrava di volare sopra il bosco.
“Che strada di merda!” sbuffò Simone “Se scende qualcuno dall’altra parte lo abbiamo nel culo!”.
“Ma chi vuoi che scenda a quest’ora” replicò Riccardo “Comunque ormai mancano un paio di tornanti e siamo arrivati”.
In effetti due tornanti dopo la strada si allargava su uno spiazzo erboso da cui partiva il sentiero che portava al castello. Simone e Riccardo scesero dall’auto e incominciarono a togliere gli zaini dal bagagliaio. Avevano deciso di passare il fine settimana lontano da Milano, facendo una gita in montagna e campeggiando nei boschi. Quando Riccardo gli aveva parlato di quel vecchio castello appollaiato su un picco Simone si era detto entusiasta di passare la notte lì.
“Sia chiaro” disse Simone incamminandosi lungo il sentiero con lo zaino in spalla “Io ho guidato su quella strada del cazzo e la tenda la porti e la monti tu!”.
“Va bene, quel che è giusto è giusto. Però mentre io preparo il campo tu cucini”.
Simone sorrise “Ovvio che cucino io! Ho preso gli ingredienti del mio famoso chili apposta!”.
Riccardo scoppiò a ridere “Chili in un castello a 1.400 metri di altezza, mi sa che questo è un record!”
Dopo una decina di minuti di cammino i due ragazzi arrivarono all’ingresso del castello. Sulla cima del monte soffiava un vento gelido che sembrava spingerli verso il sentiero da cui erano venuti. Una volta varcate le mura si trovarono in un ampio cortile, dove il vento sembrava soffiare ancora più forte facendoli rabbrividire. Il terreno, brullo e roccioso, era irregolare e constatarono che era impossibile piantare la tenda lì.
In mezzo al cortile si ergeva un’ampia torre, la costruzione principale del castello.
“Sembra solida” commentò Riccardo “Magari possiamo dormire li dentro, sarebbe una figata”.
Una volta raggiunta la torre e superati i gradini che davano all’ingresso dovettero però abbandonare l’idea. C’era un salto di circa un paio di metri che separava l’entrata dal pavimento sottostante cosparso di sassi, assi di legno rotte e polvere. Guardarono verso l’alto e il pavimento del secondo piano, raggiungibile tramite una scala di legno dalle condizioni precarie, era mezzo marcio.
“Ok, direi che possiamo abbandonare l’idea di dormire qua” commentò Simone.
Di fianco alla torre si trovava la cappella del castello. Di stile romanico era costituita da una navata lunga circa 8 metri che terminava in un’abside semicircolare. Anche se il tetto mancava completamente, la facciata con un campaniletto a vela e le mura circostanti, oltre all’abside, erano ancora in buone condizioni e costituivano un ottimo riparo dal vento. I due varcarono la soglia e videro che quello era l’unico luogo del castello dove il terreno, coperto da uno strato d’erba, era liscio e regolare.
“Direi che abbiamo trovato dove fare campo” commentò Riccardo appoggiando lo zaino al suolo “Io incomincio a piantare la tenda, tu prepara il fuoco ho visto della legna appena fuori le mura”
“Agli ordini mio generale!” urlò Simone facendo il saluto militare.
“Ma va a cagare, coglione!” rise Riccardo “Dai, è già tardi e domani all’alba dobbiamo andarcene e pulire tutto prima che arrivi gente”.
Simone uscì a raccogliere legna per il fuoco accompagnato dai colpi delle martellate che Riccardo dava sui picchetti accompagnandole con poderose bestemmie, Simone ridacchiò fra sé e sé.
“Sempre il solito”
Al momento di rientrare nel castello una forte folata di vento sembrò quasi spingerlo fuori “Cristo! che freddo fa, questo vento penetra nelle ossa, meglio che mi sbrighi ad accendere il fuoco”.
Quando arrivò alla cappella vide Riccardo sudato, col martello in mano che imprecava come un ossesso davanti alla tenda ancora mezza smontata.
“Manco una tenda sai montare?”
“Ma vaffanculo va, il terreno è durissimo mi sa che sotto ci sono delle rocce, ma credo di avere trovato dei punti dove non ci sono, tu accendi il fuoco che adesso finisco di montarla e già che ci sei tira fuori il vino, ne ho bisogno!”
Dopo qualche ora i due amici stavano mangiando e bevendo di gusto, la tenda era montata e il fuoco scoppiettava allegramente riscaldando l’ambiente. Il cielo sopra di loro era sgombro di nubi e splendevano le stelle.
“Che figata” commentò Simone “ci vorrebbe giusto un cannone per chiudere bene la serata.”
“Per chi mi hai preso?” sorrise Riccardo, tirando fuori una busta piena d’erba.
“Grande!”
“Adesso finiamo di bere, fumiamo e poi a nanna”.
I due passarono ancora un’oretta a bere, fumare e chiacchierare, poi entrarono nella tenda a dormire.
***
Simone si svegliò nel cuore della notte.
“Hai sentito?”
Scosse Riccardo che stava ancora dormendo.
“Hai sentito?”
“Cosa? Fammi dormire”
“C’è qualcuno fuori”
“Ma va, sarà la tua immaginazione”
“No, ho sentito qualcosa toccare la tenda”
“Ma figurati, avrai sognato”
“No, davvero. Ascolta!”
Qualcosa dall’esterno scosse la tenda, sembrava come se una zampa stesse cercando di graffiare il tessuto. Gli scossoni aumentarono, questa volta sentirono dei rumori provenire da fuori, somigliavano a sibili e ringhi.
“Senti… ci sono lupi qua?” chiese Simone.
“No, almeno non così vicino al paese, sarà una cane di una casa qua attorno che è venuto fin qui”
I rumori e i colpi aumentarono, qualcuno dall’esterno stava cercando di abbattere la tenda. Accesero la lampada da campo che avevano portato e videro diverse ombre stagliarsi fuori dalla tenda, circondandola. Le ombre non lasciavano dubbi, c’erano delle persone la fuori. I rumori aumentarono ancora di intensità.
“Saranno i ragazzi del borgo qua vicino che vogliono farci uno scherzo, adesso esco e li piglio a calci in culo!” sbotto Simone.
“Stai calmo” sibilò Riccardo.
“Calmo un cazzo!” urlò Simone “Questi stronzi vogliono spaventarci, ma hanno sbagliato persona. Avete sentito ragazzi? Adesso esco e vi spacco il culo!”
Simone uscì di furia dalla tenda e si paralizzò.
“Oh Cristo!” balbettò.
Dall’interno della tenda Riccardo vide le figure avvicinarsi a Simone che era rimasto impietrito, i ringhi e i sibili si fecero più forti, mentre la temperatura calò d'improvviso. Si gelava.
Riccardo strisciò fuori dalla tenda con la lampada in mano e vide quello che aveva visto Simone. La lampada gli cadde di mano e si frantumò sul terreno e Riccardo urlò con quanto fiato aveva in gola.
***
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